Massimo Di Matteo e Mauro Tarsetti sono due architetti di Ancona. Amano la loro città e lavorano con passione, non sempre retribuiti, alla sua valorizzazione e sistemazione. Molti anni fa, poco dopo il mio insediamento, sono venuti a trovarmi e hanno sostenuto che un’opera di Cucchi sarebbe stata perfetta al Porto Antico.

Luca Massimo Barbero è uno dei maggiori esperti d’arte italiani, è stato direttore del Macro, è direttore della Fondazione Cini e ha molte altre cariche importanti. Ci siamo conosciuti quando era consulente per l’arte della Fondazione Cariverona, e con lui abbiamo lavorato alla prima fase del progetto Mole, la materia dell’uomo, che prevede anche la possibilità di commissioni d’arte contemporanea. In strada a Verona, appena fuori della sede della Fondazione, lui mi disse “certo un progetto così senza Cucchi, ad Ancona, è impensabile.”

Flavio Arensi è lo storico dell’arte e curatore che ha ideato Ecce Homo, ha portato ad Ancona capolavori assoluti della scultura italiana e ha messo in moto un processo che ad oggi sembra quasi inarrestabile. Seguendo il progetto Mole la materia dell’uomo, ha condiviso l’opinione di Barbero e ha inserito la commissione di Cucchi nel primo anno del progetto stesso.

Ho scritto a Enzo Cucchi nel 2014 credo. Una lettera a mano perché non usa il pc. Ero forte di questi nomi e soprattutto di quello che significano: un rispetto assoluto nei confronti degli artisti e delle loro opere, lo stesso rispetto che oggi è gratificato dal desiderio di grandi artisti di comparire nel progetto Mole, di aiutarlo, di migliorarlo (processo che, dicevo, pare inarrestabile).

Valeria Mancinelli è il sindaco che ha spinto avanti il progetto Mole, riconoscendo in esso la possibilità, per la città, di smarcarsi da una posizione periferica rispetto al mondo dell’arte e della cultura nazionale, nonostante un Teatro tra i migliori d’Italia. Il sindaco che ha voluto puntare sulla leva della cultura, attraverso progetti complessi e lunghi, ma capaci di incidere sul futuro della città.

Rodolfo Giampieri è il Presidente dell’Autorità Portuale che ha compreso con lungimiranza il valore aggiunto che un artista come Cucchi può portare a un luogo straordinario come il Porto Antico, sia in chiave di sistemazione sia in chiave di attrattiva e di visibilità internazionale.

Dal 2014 abbiamo portato avanti un discorso non episodico sul rapporto tra Ancona e l’arte, che vede la città tra le più ricche di iniziative e attive nel panorama nazionale. La Fontana di Enzo Cucchi è qualcosa di diverso però: è la commissione da parte di una città e del suo porto di una grande opera sociale e comunitaria a uno dei maggiori artisti italiani degli ultimi cinquanta anni. Commissione che è stata possibile grazie alle persone citate qui sopra, e alle decine di altre che vi hanno lavorato, a partire dalla mia collega Ida Simonella e da tutti gli uffici del Comune e dell’Authority. Commissione che ha seguito un iter preciso, chiedendo l’avvallo di figure accreditate nel mondo dell’arte, e quindi senza procedere “per capriccio” o per decisione di un amministratore. In un Paese dove troppo spesso la politica piazza opere a piacimento sul territorio, questo è un tratto di serietà del quale andiamo fieri.

Scrivo questo perché il dato significativo di tutta l’operazione risiede, a mio parere, in due punti precisi, il primo dei quali è legato al fatto che si tratta di un processo organico, di un progetto di visione, condivisibile o meno, ma di visione, non episodico; il secondo è legato al fatto che una città italiana di 100.000 abitanti ha deciso di commissionare una grande opera a un grande artista internazionale, e si è così data un’ambizione, cosa che non capita spesso e che le garantirà un nuovo ruolo nel Paese.

Quando la Fontana è stata inaugurata, ero con Cucchi, cercavamo di andare a vedere il modellato, ma le persone ci ostruivano il passaggio, salivano sopra, scattavano foto, guardano e toccavano incuriosite, si ammassavano, ridevano, scherzavano, criticavano, facevano selfie. Era una sensazione di comunità come di rado ne ho percepite nella mia vita. La Fontana aveva già smesso di essere dell’artista, l’artista, infatti, era felice.