Mentre venivo al lavoro nella nebbia stamattina pensavo di scrivere un pezzo su pamarasca.it che parlasse di nebbia, appunto, e camminando lungo via XXIX settembre ragionavo su come farlo. Poi a diradare i dubbi è arrivata la notizia della scomparsa di Danilo.
Io ero un ragazzino per lui. L’osteria era bella che fatta, e famosa, e frequentata da artisti, scrittori, persone di genio e persone che tentavano d’essere normali. La mia generazione, tornata dall’università, ha trovato in lui un complice gentile: ci lasciava la sala sotterranea, con tanto di pianoforte, per qualche piccolo concerto, per le presentazioni di libri, per le attività che ci inventavamo poco più che ventenni. Poi qualche volta ci andavo da solo, al tavolo, per un bicchiere di vino, specie nel periodo in cui siamo stati vicini con le nostre attività.
Di lui si capiva subito che c’era un grande passato, di fermento e desiderio culturale. Un fermento che ha percorso decenni fa l’Italia intera come un fremito una spina dorsale, e da quel passato veniva la benevolenza nei nostri confronti, un affetto simile a quello di certi zii che nella nostra immaginazione restano a cavallo fra la giovinezza e l’età adulta.
Gli anni hanno continuato a passare e, riavvolgendo il filo della propria storia, Danilo s’è velato di malinconia, senza mai perdere lo spirito e il sorriso, ma anzi impegnandosi affinché i tasselli della sua memoria trovassero un posto, un riconoscimento anche da parte degli altri, non rimanessero solo suoi, non venissero dispersi. Pieno di voglia, è venuto da me per organizzare una mostra che facemmo, e per proporre altri progetti legati alla sua Ancona, alle persone che aveva care.
Gli piaceva che qualcuno dipingesse il muro delle scuole davanti all’osteria. Era ovvio che gli piacesse, perché lui ha sempre avuto il desiderio della creazione, e non ha mai avuto la pretesa di dire agli altri come le cose andavano fatte. Ieri sera, in tv, ho ascoltato Dario Fo dire che la cosa peggiore di avere una certa età è quella di pretendere di avere ragione, nella convinzione che più si cresce più si diventa saggi. Danilo era ancora giovane, ieri, ma non avrebbe mai avuto il problema di cui parlava Fo.
Ora, io mi auguro che la sua apertura, il suo spirito di accoglienza, la sua voglia di far stare le persone assieme perché nasca qualche cosa e di proteggere le persone sole perché coltivino se stesse, ci restino come esempio e anche un po’ come faro, in una nebbia come quella che ci circonda, che non si vede manco il mare.
Paassessore