Ho iniziato a commuovermi venendo da casa, agli Archi, quando ho visto alcuni cittadini che non conoscevo attraversare alla spicciolata il ponte che collega il Mandracchio alla Mole. Uno s’infilava un giubbetto, una controllava l’ora, un terzo pareva pensieroso. Poi è andata avanti. C’era un mucchio di sedie disposte in tondo e si sono riempite quasi tutte, noi siamo rimasti sulla fila esterna, io ero vicino a Emma, gli altri sparsi qua e là. Al principio mi pareva fossero tante le sedie vuote, poi come capita quando ci si distrae a un concerto, o alla partita, mi sono sorpreso a vederne occupate così tante. Ha parlato il sindaco, emozionata anche lei, e ha parlato la mia collega Ida, che s’occupa del piano strategico. Poi ha parlato Iolanda Romano, che ha spiegato le regole del gioco. Anche qui, un po’, c’è da commuoversi (ok, ho la commozione facile io), perché la parola più gettonata è responsabilità. La responsabilità degli amministratori di scegliere questo metodo e di dare seguito a quello che uscirà dall’Ost, la responsabilità dei cittadini che hanno scelto di essere presenti.

Quello che colpisce subito, mentre tutti ascoltano Iolanda, è la differenza da una conferenza, da un convegno, da un gruppo di lavoro e pure da un seminario, da un’aula. C’è, nei presenti, una reattività particolare, sportiva, e nell’aria una particolare densità, ch’è tipica del desiderio. Conosco persone che utilizzerebbero il termine esatto: c’è Eros.

Quando è il momento, si alzano dalla sedia molti cittadini che intendono proporre titoli. Alcuni sono volti conosciuti, che frequentano spesso i luoghi di progetto, di dibattito, di incontro più o meno istituzionali. Altri no. Anche in questo caso, la sensazione è di spaesamento: quella persona la conosco, ho parlato con lei più volte, in assessorato o altrove, ci siamo scambiati idee su certi progetti, ha partecipato a certi processi, collabora con noi. Eppure, qui, ora, quella persona è diversa. Diversa dal proprio nome e dal proprio abito. Sì perché questo metodo, d’un botto, parifica tutti i partecipanti. Dalla fila esterna dove siedo, vedo questi cittadini alternarsi al microfono il tempo necessario per dare un titolo a una discussione, e il titolo gli passa avanti, come un sasso sorpassa lo slancio di chi lo getta in mare. Magari, alcuni vengono soprattutto per essere ascoltati, magari alcuni hanno nella borsa fior fiore di progetti già conclusi (sarebbe comprensibile, non c’è da biasimarli), ma è subito chiaro che si ritroveranno a inseguire il titolo che essi stessi hanno lanciato al galoppo, e non potranno fare come se fossero da soli.

Il gioco è semplice: una seduta plenaria in cui vengono accolti 15 titoli, un’ora per discutere dei 15 titoli in altrettante stanze assieme a due, tre, cinque, diciotto altre persone a seconda dell’interesse per il titolo, poi di nuovo una seduta plenaria e altri 15 titoli e un’altra ora e così via. Meravigliosi dipendenti comunali fanno da facilitatori, si sono preparati per questo con passione.

Il prodotto non è un ponte di acciaio, né una piramide di vetro, né una strada sopraelevata, o un palazzo di cristallo. Il prodotto è un metodo e, di conseguenza, il prodotto è un processo, e chi lo porta avanti. Non a caso Valeria, il nostro Sindaco, alla fine sottolinea che l’amministrazione intende proseguire questo metodo, e mette l’accento come solo lei sa fare sul sostantivo più importante, METODO appunto. Lo dice alla presentazione dell’instant book, cioè del documento finale che è stato stilato, tavolo per tavolo, e che sintetizza quanto è emerso dalle 45 discussioni. Anche in questo caso, accidenti, ci si commuove.

Sì perché c’è una tensione particolare nella grande sala convegni dove si proiettano le slides. La tensione di chi dopo una grande nuotata è uscito dalla piscina e fissa la superficie dell’acqua ed è stanco delle tante vasche, ma non vede l’ora di tuffarsi ancora, e guarda negli occhi chi gli ha nuotato accanto, ben sapendo che la tentazione è condivisa. C’è una cittadinanza bellissima, in questa sala, e gli applausi partono spontaneamente, e noi anconetani sappiamo che gli applausi spontanei ci partono di rado, anzi una volta un cantante famoso mi disse “Pa’, ogni volta che vengo ad Ancona a suonare ho davanti sto pubblico con le braccia incrociate…” e io che non potevo dargli torto. Invece qui, dopo questo sforzo e quest’assunzione di responsabilità, le centinaia di persone che hanno partecipato hanno fatto partire applausi tutti assieme, così, dal nulla, che nemmeno s’era finito di parlare, e hanno sorriso, e hanno anche detto “noi ci siamo, quando si ricomincia, quando si continua?”.

Beh, subito.

Ci sono di sicuro tanti metodi buoni, e molti io non li conosco. Questo però è buono e fa venire la pelle d’oca per molti motivi. Prima di chiudere voglio dirne alcuni:

  • perché le persone arrivano, e si rispettano assolutamente;
  • perché il microfono non c’è, e quando c’è non è di uno, ma di tutti alla stessa maniera;
  • perché noi amministratori siamo così pieni di cose che vorremmo dire, e che vorremmo spiegare, e che vorremmo illustrare, che rischiamo a volte, in buonafede, di fare come quelli che parlano sul discorso degli altri, mentre in questo clima ci innamoriamo di nuovo del nostro primo compito: ascoltare;
  • perché i ragazzi del Comune, i funzionari, i dipendenti, i dirigenti che hanno fatto squadra su questo progetto si sono divertiti, emozionati, hanno imparato e hanno dato tanto a qualcosa che non è il solito lavoro, e lo hanno fatto davvero in maniera magnifica;
  • perché questo metodo cancella l’odiosa abitudine di parlare di “noi” e “voi” all’interno d’una collettività.

Ora, sul tavolo ho l’instant book stampato, e me lo leggo stasera. Poi da qui si parte, dall’incrocio con quello che si sta facendo, e soprattutto dall’insieme di persone che si sono assunte la responsabilità di esserci, e sarò la persona più felice del mondo, dato che amo questo lavoro, quando dimostrerò a chi sostiene che si tratta di uno specchietto per le allodole che, invece, è un metodo adottato, e che lui, ahimé, non c’era, ma pazienza, ci saranno molte, molte occasioni ancora di partecipare.