Da assessore a cultura e turismo mi sono immediatamente posto il problema dei siti archeologici della città, che versavano – alcuni vi versano ancora – in una situazione drammatica. La questione riguarda la nostra memoria collettiva, il rispetto per la storia e anche l’appeal turistico della città: come facciamo a creare una campagna turistica, se abbiamo siti pieni di erbacce e privi di cure?

La questione riguarda soprattutto noi stessi: i segni del passato sono quello che resta di persone come noi, che sono state a loro volta contemporanee al loro mondo, sono vissute e sono morte. Nomi e cognomi, passi dentro scarpe, corpi dentro abiti, mani appoggiate a pareti che ancora esistono tra le nostre strade. Questo è quello che rimane e questo è quello che rimarrà di noi, dato che anche noi, nonostante i tentativi dell’odierna scienza, viviamo e poi moriamo. Senza questi segni, siamo molto più soli, siamo molto più inutili, siamo, in definitiva, al di fuori di una storia.

Ci sono città, in Italia, che vantano reperti archeologici straordinari. Non sono un esperto, né voglio sembrarlo (nonostante la mia magnifica professoressa di Archeologia alla Statale di Milano, una signora dai capelli bianchi sempre ben tenuti e l’aria serena di chi si conserva qualche bel segreto). Quando sono arrivato, quindi, ho chiesto un quadro della situazione a chi esperto lo è. Ho avuto il quadro di una città la cui innata inquietudine le ha impedito di cristallizzarsi e di musealizzare il reperto, una città che ha costruito continuamente su se stessa, alla faccia delle disgrazie e delle rovine, tanto che oggi i suoi siti archeologici sono come fasci di luce che appaiono qua e là, certe volte dove meno te l’aspetti, come accade all’Arco traianeo nel formidabile paesaggio del nostro porto.

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Qualche tempo fa, questo poteva essere un difetto: il disordine della crescita e il dinamismo inquieto di Ancona mal si confaceva a un’idea un po’ ossessiva della cultura da custodire integra nella sua teca di cristallo. Oggi, però, si è tramutato in pregio, poiché diversa è la considerazione del percorso della storia, del racconto dell’uomo, e un sito, che ci appare leggibile come una di quelle pareti rocciose nelle quali si decifrano le ere geologiche, è un’occasione rara e straordinaria.

Certo però che se quel sito è coperto dalle erbacce, è dura poi facilitarne la lettura.

Una delle prime cose che ho fatto quando sono arrivato è stato quindi presentarmi alla Soprintendenza Archeologica, che ha la responsabilità dei siti, e proporre una collaborazione. Il Soprintendente facente funzioni era il Professor Mario Pagano, che è tornato pochi giorni fa a ricoprire la carica dopo la parentesi del Professor Malnati. Con entrambi un ottimo approccio, una piena disponibilità da ambo le parti, e infine, dopo mesi di lavoro e approfondimento, un protocollo d’intesa che sancisce la piena collaborazione circa la manutenzione e la pulizia dei siti. Un protocollo che è stato approvato recentemente dalla Giunta ed è la base formale sulla quale si innesteranno tutti gli interventi, sia della Soprintendenza, sia del Comune.

Però non è tutto: anche prima del protocollo, Soprintendenza Archeologica e Comune si sono sentiti continuamente e questo filo diretto ha permesso di intervenire in tempi davvero rapidi su molti siti, ripuliti da spazzatura, erbacce, segni del tempo breve, tanto che oggi chi passa dalle parti del porto traianeo, o davanti al Museo Archeologico, e in altri luoghi della città, vede qualcosa che non ha mai avuto occasione di vedere prima e, finalmente, un turista può fotografare i siti senza che noi ne temiamo la diffusione on line.

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Ci è voluto un po’ di tempo, ma quello che ho detto nel corso di uno dei nostri primi Consigli Comunali è stato fatto, ed è ovviamente il primo passo: i siti sono molti, alcuni di grandissima importanza, e gli interventi spettano per legge alla Soprintendenza, specie quelli di somma urgenza che interessano alcuni luoghi della nostra città. Ma il passo più arduo, quello che coinvolge le burocrazie di due enti pubblici, è ormai compiuto. Manteniamo l’attenzione, progettiamo sito per sito all’interno di un quadro di totale condivisione.

Ora, gli interventi verteranno ad una organizzazione delle manutenzioni, anche con l’ausilio di volontari, allo studio di materiale illustrativo e alla fruibilità dei siti, mentre si procede anche sul tema, ancora aperto, dell’Ancona sotterranea e mentre un altro argomento fondamentale va affrontato assieme alla Soprintendenza: quello del Parcheggio di via Birarelli, polmone del colle Guasco che potrebbe permetterci di liberare dalle auto piazza Stracca. Più assessorati lavorano a questa cosa, con identici obiettivi.

Intanto, il mio suggerimento a tutti gli anconetani e a chi legge questo blog è di andare a visitare il Museo Archeologico Nazionale, che ha anche un blog fatto molto bene: conosciamoci, impariamoci, e trattiamo con rispetto e affetto i segni di persone tali e quali a noi, gli oggetti che hanno realizzato con le loro mani, indossato, creato per stare meglio all’interno della loro società.