Lunedì 16 maggio si è svolto un incontro di presentazione del sistema identitario della Mole. Ci abbiamo lavorato a lungo, e a me è toccato introdurre gli interventi di Massimo Pigliapoco, titolare dell’agenzia Tonidigrigio che ha curato la costruzione di un’identità e di un’immagine della nostra Mole, e a Flavio Arensi, che si occuperà del progetto espositivo assieme a Civita a partire da ottobre 2016.

Qui di seguito, un testo non ritoccato del breve discorso che ho fatto.

 

 

Per raccontare il processo che abbiamo seguito, voglio partire dal punto di arrivo, dalla visione che ha guidato i nostri passi. Voglio quindi immaginarmi visitatore della Mole di domani, un domani molto vicino perché, come vi dirò in conclusione, molte delle cose che racconto sono già in progredire o partite.

Entro nella Mole di domani e prima di tutto ho a che fare con l’arte. Incontro opere d’arte negli spazi all’aperto e in alcune delle sale. Alcune di queste opere si trovano alla Mole in maniera permanente, altre hanno a che fare con una mostra temporanea. 2.500 mq circa è la superficie espositiva attuale. Arriverà a 4.500 circa in autunno, e a 6.500 circa nel 2018. L’arte quindi è inevitabile quando entro alla Mole in un giorno di primavera, sia che ci sono capitato per una delle grandi mostre che ci si tengono annualmente, o per una delle mostre più piccole che si susseguono tutto l’anno, sia che sia venuto qui solo per passare qualche ora tra le opere allestite in maniera permanente.

Potrei anche essere un assessore di un’altra città, o uno studente, un artista, un operatore culturale, un critico, o un gran curioso. In questo caso, mi accorgo che attorno alle opere d’arte e alle mostre c’è un certo movimento: workshop, laboratori per i più piccoli, collaborazioni con le residenze artistiche del territorio, sessioni di studio. Questa mattina ci sono ragazzini delle scuole intenti a dipingere o ad ascoltare storie delle opere che vedono, ad esempio, e domani arriverà un artista giapponese in residenza in un paese dell’entroterra marchigiano.

Le opere d’arte che vedo mi dicono che in questo spazio si parla della materia, e di come l’uomo, nell’arte e nel lavoro, ha imparato a rapportarsi con essa. Infatti, girando, mi accorgo che accanto alle opere d’arte ci sono spazi dove le persone si occupano di design, di artigianato, di neo-artigianato, di impresa creativa. Non vedo sedi di aziende, o show room permanenti, ma incrocio un workshop su arduino, un corso di serigrafia e uno di e-commerce, e passo un po’ di tempo ad ascoltare in uno dei grandi spazi della Mole un’impresa che racconta il suo rapporto con la plastica, il legno, la stoffa, la luce e presenta l’ultimo prodotto della gamma.

Se questo è un territorio che nella cultura come nel lavoro ha fatto del rapporto con la materia il suo cavallo di battaglia, allora la Mole è, mi viene da dire visitandola per la prima volta, la punta dell’iceberg.

Ma quello che vedo non è un luogo di lavoro, e nemmeno un Museo come quelli che sono abituato a visitare. Me ne accorgo sedendomi al tavolo del bar che affaccia sulla corte, e prendendo un caffè. Per prima cosa, mi accorgo che quella che chiamano Corte è una grande piazza, adatta a far incontrare le persone, a far correre i bambini, a leggere un libro o a connettersi a internet per lavorare un po’ all’aperto. Mi ricordo anche di aver visto un affresco del Settecento che la raffigurava proprio così: una piazza frequentata da ogni tipo di persone. Poi, guardandomi meglio attorno, vedo alcuni ragazzi che stanno studiando il modo di far funzionare la loro idea di impresa creativa, e scopro che qui possono incontrare persone esperte periodicamente, trovare strumenti, condividere idee; vedo più in là i ragazzi delle scuole che vanno in visita al Museo Omero, il primo Museo Tattile del Mondo, ad imparare qualcosa dell’arte, e dell’altro; vedo anche chi è venuto a passare mezz’ora con i figli, o a mangiare qualcosa, mentre mi sembra che nella grande sala che ospita un bellissimo pannello di Orfeo Tamburi, si stia tenendo un convegno.

Sono arrivato al mattino, ho incontrato le opere d’arte della Mole e ho visitato una delle grandi mostre annuali, ho assistito a una dimostrazione di stampante 3d e segnato sul calendario l’incontro con l’artista giapponese in residenza nelle Marche. Ho in mano un programma delle attività dei prossimi mesi e me lo leggo con calma, ripromettendomi poi di alzarmi e fare un giro al bookshop e al concept store che dovrebbe trovarsi nell’ala della Mole rivolta verso gli Archi. Il programma dice che nella prossima estate ci saranno spettacoli dal vivo, proiezioni, incontri di cultura. Il programma dice anche che c’è un sito sul quale leggere il seguito, perché, a quanto pare, i festival proseguono anche nel periodo autunnale e invernale, affiancando la programmazione di uno dei 19 teatri di riconosciuto interesse culturale, che si trova a 700 metri da qui.

Magari rimango fino a sera e mi godo un concerto. Per la cena posso scegliere tra due ristoranti, o gli altri della zona.

Questa è la visione alla quale siamo andati incontro da quando ci siamo insediati: La Mole come sistema culturale di livello nazionale. Un luogo dove la cultura accade, non sta ferma, e dove un tema specifico come quello del rapporto creativo tra l’uomo e la materia viene declinato in tutte le sue forme, e affiancato dal ruolo di piazza, di incontro, di spettacolo, di svago.

Ho detto che abbiamo mosso i passi principali.

 Il primo passo è stato quello di condividere questa visione con la Fondazione Cariverona. Coinvolgere questo partner in un cambio di passo: non più sostegno ad un singolo evento, ma ad un sistema culturale,a un progetto infrastrutturale. La Fondazione è stata coinvolta dall’inizio, e parte del progetto è stato scritto con Luca Massimo Barbero, consulente della Fondazione per l’arte e la cultura. A questo ha coinciso un programma specifico: una grande mostra, della quale fra poco vi parlerà Flavio Arensi, al termine della quale un certo numero di opere rimarranno alla Mole, pronte ad essere affiancate da altre opere; la commissione periodica di opere a grandi artisti contemporanei, opere per la Mole e per la città; percorsi di studio attorno alle opere d’arte della Mole, rivolte sia agli specialisti sia alla città e ai più piccoli; rapporto con alcuni progetti di residenza artistica, che potranno avere nella Mole un punto di riferimento e un luogo di progettualità; la costruzione di un programma che prevede una grande mostra all’anno. Tutto questo è già realtà: si parte il 27 ottobre. Flavio Arensi, il curatore della parte espositiva, è qui. Civita, uno dei maggiori soggetti del settore in Italia, è qui.

 Il secondo passo è stato quello di stringere i maggiori legami possibili con i festival della città di Ancona. La qualità dei festival è indiscussa, e la loro matrice è principalmente contemporanea. La loro crescita è fondamentale, e può avvenire in condizione di solidarietà, all’interno di un sistema capace di rafforzarli tutti. La Mole come piattaforma del loro sviluppo è già attiva. Nel 2016 avremo uno dei maggiori cantautori britannici, il maggiore jazzista italiano, uno dei più grandi poeti del mondo, e molto altro. Con i festival esistenti e con alcune new entry nel periodo autunnale e invernale, La Mole diviene polo culturale di un impatto straordinario nel quadro regionale e anche nazionale.

Il terzo passo è stato quello di chiedere a Toni di Grigio di dare vita ad un sistema di identità: di dare il nome, la forma, l’espressione a tutto quello che ho appena raccontato. E Massimo ve ne parlerà tra poco.

Il quarto passo è stato quello di iniziare a coinvolgere soggetti privati sin dall’inizio, e di incontrare alcuni di questi pronti a crederci sin da subito, dato il carisma dell’edificio e la portata lunga del progetto. Questi devo ringraziarli: Vodafone, GGF Group,Roma Marche Linee, Video Works, Prometeo e, spero, molti altri che presto verranno.

Ma soprattutto, abbiamo deciso di non aspettare. Troppo spesso in questo paese si attende la fine di un contenitore per pensare ai contenuti. Noi abbiamo fatto il contrario: abbiamo deciso di costruire l’identità della Mole in presenza del cantiere che ci sta restituendo l’ultima ala rimasta, quella che ospiterà attività legate all’economia, al food, all’impresa creativa. La realtà non può aspettare, e ci aiuta il carisma della Mole, che era già Mole quando vendevo gelati in cortile, nell’intervallo dei film, tra un calcinaccio e una pozzanghera.

Questo luogo rappresenta un’occasione unica per tutto il nostro territorio regionale e per tutto il versante adriatico. La Mole ci chiede di essere ambiziosi, non è lei a dover soddisfare le nostre aspettative, siamo noi a dovercela meritare.