Una delibera di Giunta di qualche tempo fa ha dato il via a quella che, per semplicità, definirò seconda fase della Pinacoteca di Ancona. Seconda, nel senso che segue l’apertura del 2016, con relativa presentazione dell’ampliamento che oggi in molti hanno avuto modo di apprezzare, sia per bellezza sia per accessibilità.

Come alcuni ricorderanno, l’apertura non fu semplice, né indolore. Va dato merito a molti, tra cui soprattutto gli architetti Di Matteo e Tarsetti, i preziosi collaboratori volontari Carlo Giantomassi e Donatella Zari (collaboratori volontari perché, appena insediato, ho alzato la cornetta dell’ufficio e ho approfittato di un affetto antico per chiedere a Carlo il suo prezioso aiuto), gli architetti del Comune Patrizia Piattelletti e Anna Giovannini e l’ex direttrice del museo Costanza Costanzi, oltre agli uffici comunali che se ne sono occupati con grande passione, se ci siamo arrivati.

Non fu semplice, perché era una scommessa: preso atto dei tempi lunghissimi per concludere i lavori di due edifici storici del centro storico, e considerato che fino al termine dei lavori si sarebbe rischiato di tenere chiusi come in una dorata cassaforte i capolavori e i dipinti della Pinacoteca, si è deciso di concludere i lavori dell’ampliamento prima possibile, di studiare un allestimento ad hoc e di aprire il Museo proseguendo con lavori a stralci senza ledere la possibilità di visitarlo. Alcuni erano contrari: “finire tutto!” dicevano. “Aspettiamo che finiscano tutti i lavori” insistevano.

La scommessa sembra vinta: dal 2016 a oggi, la Pinacoteca è tornata in fretta ad essere un centro propulsivo della vita culturale cittadina. E non solo per il valore della collezione. Le opere sono tornate a fare quello che sanno fare, cioè ispirare (artisti, autori, storici, critici, cittadini), contribuire ad educare attraverso laboratori studiati per le scuole, rappresentare memoria e futuro al tempo stesso. Sapevamo di avere a che fare con molte difficoltà: difficoltà di bilancio, di manutenzione, ricerca delle competenze adatte, e quanto altro. Ci siamo dati allora dei tempi, e una strategia, sapendo di non poter avere tutto subito, ma di voler dare ai dipinti l’opportunità di esistere, di essere visti.

Le professioniste e i professionisti che hanno gestito sino ad ora il Museo hanno dimostrato un’affezione rara. Giovani, preparatissimi, innamorati del loro lavoro e delle opere, hanno moltiplicato le energie: laboratori, itinerari, percorsi, formazione, educazione, studi. E poi, di recente, sessioni on line, videoconferenze, realizzazione di video. Credo che Ancona non li ringrazierà mai abbastanza.

Tutto questo faceva parte della prima fase, che potremmo riassumere così: apertura; restituzione al pubblico delle opere; costruzione del pubblico locale e avvio di relazioni nazionali dopo tanto tempo; apertura del Museo a esperienze contemporanee, realizzazione di mostre temporanee, legame con gli istituti scolastici e profondo lavoro di backoffice su depositi, documenti, archivio; connessione tecnologica con Univpm (dipartimento Distori Heritage diretto da Paolo Clini) per scansione delle sale, lavoro sulle opere (riproduzioni, scansioni, rilievi etc.) e studio delle possibili traiettorie virtuali da affiancare a quelle in carne ed ossa, o legno e tela che dir si voglia.

Qualche mese fa, come dicevo, la Giunta comunale ha varato una delibera di indirizzo molto importante, che di fatto proietta la Pinacoteca nella seconda fase. Una seconda fase che, naturalmente, inizia con lavori strutturali, quelli affidati all’inizio di dicembre all’impresa vincitrice del bando, che restituiranno spazi espositivi al pianoterra, una nuova biglietteria, un nuovo bookshop e l’ingresso da via Pizzecolli, temporaneamente spostato in vicolo Foschi per permettere la riapertura nel 2016.

Ma non di soli lavori strutturali si tratta. Anzi.

Anzitutto, tra il 2019 e il 2020 la conservatrice museale acquisita dall’assessorato alla cultura, Maria Vittoria Carloni, si è immediatamente messa al lavoro per la creazione di un dipartimento museale dell’assessorato, e per la redazione di un report accurato sullo stato della Pinacoteca al termine di quella che ho definito “prima fase.” Ha evidenziato pregi, difetti, possibilità e criticità del Museo, con l’aiuto del team di gestione composto da storiche e storici dell’arte ed esperte di attività educative. Dal suo report siamo partiti per la delibera di Giunta, che ha dato mandato (e risorse) per fare ciò che serviva. Ecco le indicazioni fondamentali presenti nella delibera: studio, archiviazione, sistemazione, riorganizzazione dei depositi; individuazione di una figura di storico dell’arte responsabile progettuale per la collezione, l’allestimento, la divulgazione e le relazioni culturali della Pinacoteca, con relativo progetto; emanazione del bando per i servizi di gestione ed educativi; acquisto di strumentazioni tecniche; implementazione della collezione ed eventuale riorganizzazione del percorso, anche alla luce dei lavori in corso.

Alcuni di questi punti vanno spiegati.

Per quanto concerne lo studio, l’archiviazione, la sistemazione e la riorganizzazione dei depositi e della biblioteca del Museo, si tratta di interventi fondamentali. Infatti, lo stato della documentazione era abbastanza confuso, e inadeguato ad un museo moderno; i depositi, invece, vanno resi più funzionali, va dato respiro alle opere, vanno messi in condizione di ospitare piccoli restauri ed essere visitabili in maniera contingentata. Un museo si apre al mondo, non si chiude su se stesso come un riccio.

Per quel che riguarda la voce ” individuazione di una figura di storico dell’arte responsabile progettuale per la collezione, l’allestimento, la divulgazione e le relazioni culturali della Pinacoteca, con relativo progetto” è quella di cui si è parlato spesso negli ultimi anni. In molti hanno chiesto notizie della figura di un direttore o di un responsabile della collezione all’altezza della collezione stessa. Qualche mese fa, si è tenuta all’interno del Museo una commissione di consiglio comunale. Alle domande dei consiglieri, il team di lavoro, la conservatrice e il sottoscritto hanno risposto sottolineando sia la difficoltà, per i Musei di proprietà comunale, di dotarsi di una vera e propria figura di “direttore”, sia la possibilità di volgere a favore del Museo comunale questa difficoltà, e cioè di individuare figure all’altezza all’interno di percorsi progettuali e di un periodo di tempo definito. Una soluzione migliore, se la figura in questione è affiancata da figure a loro volta competenti ed esperte sul piano educativo e formativo, della conservazione e dello studio, e della conoscenza del territorio. In altre parole, ci siamo chiesto: cosa serve, oggi, a questo Museo comunale? Quali azioni? Cosa manca a una collezione così importante?

La risposta a queste domande ha prodotto un organigramma: creazione di un dipartimento Musei (che non era mai esistito) con figure competenti all’interno + storico dell’arte chiamato ad occuparsi della collezione, dell’allestimento, dell’inquadramento storico-artistico, della divulgazione e delle mostre temporanee, ma anche, cosa fondamentale per un Museo come il nostro, delle relazioni con il resto del mondo culturale italiano + responsabile delle attività educative (ad oggi fiore all’occhiello del Museo) + responsabile delle attività del territorio/con il territorio + team di gestione.

Un organigramma che include una forte interrelazione con l’altro grande polo espositivo e dedicato alla produzione artistica contemporanea, la Mole Vanvitelliana.

Circa il bando per la gestione, l’indirizzo è quello di avere un team competente, giovane, esperto e capace di affiancare le figure di cui sopra, e viceversa. In questo caso, il mio ringraziamento va di cuore (e di testa) a tutte le persone che attualmente lavorano al Museo e che hanno sempre dimostrato un amore profondo per ciò che fanno, una grande professionalità e una voglia di proporre che non sono comuni.

L’acquisto di attrezzature riguarda il nuovo deposito, sostegni per esposizioni temporanee, strumenti per migliorare sempre di più il clima del Museo, e tutto ciò che ha a che fare con gli spazi al pianoterra che stanno per arrivare.

La revisione dell’allestimento, creato secondo un pensiero tematico con grandissimo ingegno e sensibilità da Massimo Di Matteo e Mauro Tarsetti, li coinvolgerà all’indomani dei nuovi spazi del pianoterra, del ritorno dell’ingresso su via Pizzecolli e della presenza di uno storico dell’arte pienamente titolato a pensare il racconto della collezione. L’implementazione della collezione ha a che fare con la possibilità di acquisti importanti, e con l’intenzione dell’amministrazione di proseguire la virtuosa attività di crescita del Museo secondo le sue direttrici principali.

Di tutte queste cose, alcune sono state avviate con una determina di qualche settimana fa. La determina si intitola, appunto, “prima attuazione azioni diverse di pianificazione strategia dei Musei etc.” Le cose che sono presenti in determina sono molte. Le principali sono queste:

– abbiamo acquistato le armadiature necessarie per costituire il nuovo deposito;

– vista anche l’attuale situazione dei Musei a causa della pandemia, abbiamo deciso di prorogare la gestione museale attuale per ulteriori 2 mesi. Si chiama proroga tecnica, e deriva dalla sostanziale impossibilità di emanare un bando credibile ora, a Musei chiusi e senza una calendarizzazione delle riaperture. Di contro, l’attuale gestione ha competenze e ormai esperienza per sviluppare contenuti online e virtuali, con la collaborazione del dipartimento Distori Heritage dell’Univpm, come dimostrato ampiamente per il cinquecentenario della Pala Gozzi di Tiziano;

– abbiamo individuato e incaricato lo storico dell’arte che, nei prossimi due anni, accompagnerà la nostra collezione, prendendo le decisioni importanti, facendo da ponte con il resto del mondo, divulgando, curando. Lo abbiamo fatto, come chiesto da tanti, in base a ciò che serve al Museo: non un ripiegamento su se stesso, non un racconto autoreferenziale, ma un dispiegamento di ali, come meritano i dipinti della collezione. La figura individuata è uno dei maggiori storici dell’arte italiani, Stefano Zuffi. Non è possibile inanellare qui i dati del suo CV, ma in breve si può dire che Zuffi è nato nel 1961 a Milano ed è storico dell’arte specializzato in Museologia e Museografia. Ha lavorato a lungo per Electa, curando collane di grande successo tra cui I dizionari dell’arte e ha coordinato l’opera enciclopedica La storia dell’arte in 34 volumi. Ha pubblicato con Mondadori, Skira, Longanesi, Feltrinelli, Rizzoli etc e alcune sue opere sono tradotte in più lingue. Ha dedicato particolare attenzione alla storia dell’arte per i più piccoli. Come curatore, ha progettato e seguito l’allestimento di molte mostre in diverse città italiane, tra cui Milano, Genova, Torino, Bologna, Verona, Catania, Pisa etc. Tra le altre cose, Zuffi ha curato la mostra della Pala Gozzi di Ancona a Palazzo Marino di Milano, quando, nel natale del 2017, circa 98.000 visitatori vennero a salutare il dipinto.

La presenza di Zuffi in un ruolo cardine della storia dell’arte della nostra città è un grande onore, e porta sicuramente ad Ancona il valore aggiunto di una figura competente, attenta, sensibile, curiosa, ma anche capace di avere relazioni con le maggiori istituzioni museali del Paese. Il percorso suggerito da lui e da noi accettato prevede molte azioni, tra le quali: la revisione del percorso di visita con la realizzazione dei nuovi spazi; l’identificazione l’individuazione dei nuclei tematici; il potenziamento del sistema di informazione con attenzione all’accessibilità dei contenuti; il potenziamento del ruolo sociale del Museo; la rotazione delle opere dei depositi e l’avvio di un percorso di restauri; mostre temporanee in co-produzione e scambio con altri Musei; relazione più intensa tra Museo e città; valorizzazione dei capolavori; una grande mostra per il 2022/23 dedicata ad Ancona e l’Adriatico. Tutti non vedono l’ora di lavorare con lui.

– l’implementazione della collezione per il 2020 è sancita, nella determina, dall’acquisto delle opere di Stato d’Assedio di Valeriano Trubbiani, che si trovano attualmente nel Museo per concessione dell’artista, recentemente scomparso. L’acquisto rientra nel progetto La costruzione di un Maestro, che gode di un contributo stanziato nel 2018 dalla regione Marche ed è l’occasione di allestire una sezione intera di Stato d’Assedio, uno dei capolavori di Trubbiani, esposto alla Biennale di Venezia nel 1972. Su altri possibili acquisti il Comune si sta muovendo.

Chiudo con un’ultima annotazione sulla costituzione e il cammino di MIRA, la rete museale di Ancona. In questo caso, abbiamo lanciato il cuore oltre l’ostacolo (niente di nuovo in effetti) per dare vita a un legame tra i cinque musei cittadini, che sono comunali (2), diocesano, statali (2). Siamo partiti dall’ABC, e cioé: incontrarsi (sembra scontato, non lo è) e costruire un’immagine e un luogo per veicolare contenuti. Questa seconda operazione è stata svolta con Collage Creativi, una giovane agenzia di comunicazione che con il progetto MIRA si è aggiudicata il premio per la comunicazione istituzionale al Brand Festival, cosa che ci ha fatto grande piacere. Ma c’è bisogno sempre di più, e a questo riguardo sono felice di sottolineare il sostegno e la collaborazione alla candidatura di Ancona a Capitale Italiana della Cultura 2022 della Direzione Regionale dei Musei, e dunque anche della Galleria Nazionale di Urbino, a testimonianza del bisogno e della bellezza di costruire cose assieme in una Regione come la nostra. Qui, il prezioso contributo del Direttore della Galleria Nazionale e della Direzione Regionale Luigi Gallo.