Sono passati pochi giorni dal funerale di Francesco Ferrato. Un funerale inevitabilmente pieno di persone, Frankie era giovane, conosciuto, attivo, amato. Tra quelle centinaia di persone c’era un’intera comunità: la comunità dello spettacolo del nostro territorio. Musicisti, molti musicisti, ballerini, danzatori, attori, registi, autori di testi, artisti vari, e tecnici, molti tecnici audio e luci, tecnici di palco, tecnici abituati a stare sulla scena assieme a lui.

Ho conosciuto Frankie come tecnico, lavorandoci assieme per diversi spettacoli. Metteva creatività nelle cose che faceva, una volta parlammo a lungo della sua idea di creare per i Riciclato Circo Musicale un set luci interamente composto da fari di automobili dismesse: non un’idea qualunque, ma la concezione di far partecipare l’allestimento tecnico al senso profondo dello spettacolo. Lui faceva questo, quando era chiamato a occuparsi di chi andava in scena, se ne prendeva cura, come qualcuno che non si accontenti di coprirti le spalle con la prima cosa che ha per le mani, ma scelga la stoffa più adatta alla tua pelle.

Non ho conosciuto, se non fugacemente, Frankie come attore e come musicista, anche se so che era molto bravo. Posso immaginare quale sia la ferita per chi ci suonava e recitava assieme.

Grazie a persone come lui, ho imparato a nutrire un profondo rispetto per quanti lavorano ai suoni, alle luci, alle scene degli spettacoli, e non si limitano ad arricchirli, ma li lavorano, li modificano, li costruiscono anche loro. Pochi giorni fa, al suo funerale, erano tutti lì, con quell’aria di chi è appena smontato dal lavoro che hanno sempre i fonici e i tecnici di palco, che è come vivessero su un’isola dove fioriscono i jack, sguisciano i cavi, tuonano i subwoofer al posto delle nubi. Li vedi in strada e sembrano marinai sbarcati dopo anni di navigazione e disabituati alla terraferma.

Assieme a loro, gli attori, e tanti danzatori con i quali ha lavorato in varie forme, e quelli che, come molti miei amici, hanno suonato con lui o si sono fidati della sua scelta di inquadrarli con i par. I musicisti.

Per un attimo, durante il funerale, l’ho ringraziato: di aver raccolto attorno a sé una comunità intera, la comunità dello spettacolo, che unita gli tributa stima e affetto, e di aver quindi fatto provare a tutti, in quella maledetta cerimonia, un senso forte di fratellanza, di unione, di reciproco legame. Per questo mi sento in dovere di scrivere questo post, in memoria di una persona che, in questa città, ha avuto e avrà ancora un ruolo importante, e che ci sembrerà spesso di vedere per sbaglio sulla scena, a provare un pezzo o a sistemare un’americana, già lo sappiamo, quel tizio di spalle un po’ grosso con la maglia nera arrampicato sulla scala, ci sembrerà lui, avrei giurato fosse lui.

[La foto che ho inserito in questo post l’ho rubata alla pagina fb di Daniele Bianchelli – the voice della città di Ancona, che abbraccio.]