Alcuni miracoli li fanno le persone e negli ultimi tre giorni ne è accaduto uno, che riguarda la città di Ancona, la città di Camerino, il terremoto, le Marche, Cristo, Giulio Cesare da Varano, le Clarisse di Camerino, una restauratrice di Ascoli, i Carabinieri del Nucleo Tutela e la Soprintendenza alle belle arti, e pure altre persone che non riesco ad elencarle tutte. Un mucchio di persone.

Il professor Moriconi, responsabile del Patrimonio nelle Marche e in prima, anzi primissima linea nelle terre devastate dal terremoto, mi parla qualche giorno fa del Crocifisso ligneo delle Clarisse di Camerino, opera dell’Indivini o della sua bottega. Mi dice che è stato salvato, che è stato restaurato e che sia la Soprintendenza sia le Clarisse (qui potete leggere del loro legame con l’opera) lo vorrebbero esposto, anziché in deposito. Questo, quattro giorni fa.

Due giorni fa, alle nove del mattino, mentre sono in Consiglio Comunale, il Crocifisso parte dalla sede della restauratrice alla volta di Ancona, perché mi si dice che non solo Ancona è il capoluogo di Regione, ma è anche la città che più prontamente ha risposto all’appello lanciato per soccorrere le migliaia di opere ferite dal terremoto, quindi è logico che il Crocifisso venga esposto temporaneamente qui. Chiudo il telefono, allerto i ragazzi dell’ufficio, che oramai non si spaventano nemmeno più di fronte alle mie improvvisate, e vado in Pinacoteca ad aspettare che i Carabinieri del Nucleo Tutela – appassionatissimi – lo consegnino.

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Arriva, lo portiamo nella sala della Pittura veneta, perché pensiamo possa andare al posto del Tiziano sino al 14 gennaio, giorno del ritorno della Pala Gozzi, davanti a un’altra meravigliosa Crocifissione e incastonato in una cornice che pare lasciata lì proprio per quello. Un’ora circa per ragionare con Giorgio, Mauro e gli altri operai esperti del Comune, oltre che naturalmente con i rappresentanti della Soprintendenza e la restauratrice, e siamo a posto: il mattino successivo, il Crocifisso viene issato.

A lavoro fatto, telefono alle Clarisse e parlo con una entusiasta e gentilissima Suora, le invito per un giorno di gennaio, dopo le feste, e respiro un po’ del loro entusiasmo nel sapere che il loro Cristo è restaurato, è bello, è esposto, al sicuro, e che presto verranno a fargli visita.

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Mi sono commosso. Oh, sarà perché è Natale, ma tutte queste persone che si sono mosse come formiche  laboriose attorno al Crocifisso; tutto questo amore per un’opera che diventa simbolo della distruzione, della disperazione, della cura, della risurrezione e ora, nuovamente, della comunità di una regione; tutta la reattività, tutta l’inventiva, tutte le cose che senza pensarci troppo vanno al posto giusto. I bulloni, i teli, la stoffa da attaccare sul retro, la scala, le scale, le mani, i guanti, la luce…

Questo è il (se volete piccolo) miracolo natalizio che accade ad Ancona in questi giorni.

Andate a respirarlo, in pinacoteca, questo miracolo. È bellissimo.

Proprio di fronte a certe tragedie, l’uomo ha bisogno di simboli. Di miracoli. Di umanità.