Nei centri delle dimensioni di Ancona – ma non solo in quelli – si sente spesso questa espressione: “non c’è mai niente.” E qualche volta è vero, qualche volta no. Spesso, l’espressione diventa un clichet che si ripete con tanta urbana leggerezza che non solo ci si convince che è così, ma si scivola in un vischioso fatalismo che la trasforma in un “non c’è niente da fare“, nel senso di agire.

Ho sottolineato in una pagina un po’ freddina di questo blog gli obiettivi culturali, i temi, la necessità di fare di Ancona un centro di produzione culturale all’interno di un territorio più vasto, che ha bisogno di una città che si comporti come tale. Vado quindi avanti e chi vuole approfondire la leggerà.

Vado avanti perché un tema importante mi pare il ruolo dell’amministrazione comunale che, tranne in rari casi particolarmente istituzionali, non ha tanto il compito di costruire eventi, ma ha quello, più complesso, di favorire, mettere a sistema, individuare i comuni denominatori, collegare ad una strategia quanto viene dalla città e dai produttori, individuali e collettivi, di cultura.

Per me, che vengo dal mestiere di operatore, non è stato semplice implementare questo concetto: mi viene da organizzare, più che da far organizzare. Ma credo di aver imparato e, per fortuna, in questa città ci sono persone molto più brave di me nel settore, lavorando con le quali faccio presto a spostarmi da un lato.

Detto questo, l’amministrazione ha comunque una sua responsabilità: chi sta qui deve dare un indirizzo efornire la misura delle ambizioni. Deve un po’ segnare le strisce sulla strada, per chi le segue, e anche per chi non le segue, dato che la cultura si genera proprio deviando da se stessa.

Deve anche, l’amministrazione, chiedersi: ma è vero che non c’è mai niente?

In parte questa espressione è una leggenda metropolitana. Ci sono spesso giorni nei quali le attività si moltiplicano: ho abbozzato questo post un giorno in cui Massarenti era stato al Festival Le Parole della Filosofia, La Scuola era in scena al Teatro, si presentava la stagione dell’anno prossimo per quel che riguarda la prosa, il giorno dopo al Silos ci sarebbe stato Emidio Clementi e nella stessa data il Collettivo Delirio Creativo andava sul palco del Panettone, alla vigilia di AnconaCrea.

Dico in parte però, perché c’è da fare molto di più: dal punto di vista, anzitutto, della comunicazione, in una città di 100.000 abitanti, quindi in una città dove è possibile creare una piattaforma informativa sugli eventi condivisa. Ma anche dal punto di vista dell’aggregazione, cioè della messa in relazione tra i soggetti che si occupano di attività culturali e sembra abbiano poca dimestichezza con la socializzazione reciproca. Direi, per usare un termine trito ma non consumato, dal punto di vista della comunità.

Infine, c’è da fare una riflessione sul carattere stagionale delle attività creative di Ancona: una riflessione che va fatta assieme. Ben venga infatti un’estate anconetana ricca di festival di qualità riconosciuta a livello nazionale, anzi, stiamo lavorando per rafforzare questo aspetto, nella convinzione che anche i festival debbano agglomerarsi e proporsi assieme all’esterno con forza maggiore, ma è anche necessaria una progressiva destagionalizzazione dell’attività culturale.

Spero che ci sia sempre meno gente che ripeta la litania del “non c’è niente” non perché è l’amministrazione a riempire tutti i vuoti (orrore!) ma perché ci si metta tutti i gioco per fare e per seguire.

Paassessore