E allora niente. Dal momento che Ancona presenta un’offerta culturale difficile da trovare in altre città italiane, che non siano le grandi mete della tradizione, Vittorio Sgarbi, che ad Ancona non lavora e casualmente tuona in continuazione contro il capoluogo marchigiano, trova il modo di farlo ancora, sostenendo che il Ragazzo morso da un ramarro esposto in Pinacoteca sino all’8 gennaio (si prenota qui) non sia opera del Caravaggio, cioè sostanzialmente accusando la Fondazione Roberto Longhi, presieduta dalla maggiore esperta mondiale di Caravaggio, di approfittare di un falso.

Bontà sua, pur rimettendo la disquisizione scientifica a chi è più titolato di me, e pur ammirando l’aplomb della Presidente Mina Gregori nel rispondere, devo comunque prendere atto che il problema su Ancona per Sgarbi inizia ad essere clinico più che storico artistico, e l’ossessione quella del bambino che va a rompere i giocattoli dei suoi coetanei, per il solo fatto che non sono suoi.

Dispiace che questa ossessione per Ancona, alla quale noi abbiamo fatto il callo, coinvolga stavolta studiosi eccellenti, dimostrando uno scarso rispetto per chi continua (faticosamente) a occuparsi di storia dell’arte e di cultura, a crescere giovani studiosi, a fare ricerca seria e scientifica.

Per il resto, immagino che il problema su Ancona sia dovuto al fatto che in questa città, ricca di un fermento culturale davvero impressionante date le sue dimensioni e caratteristiche, quando si parla di storia dell’arte vengono Caroli o la Bandera, quando si è progettato sull’arte contemporanea lo si è fatto con Barbero, quando si parla di psicologia lo si fa con Recalcati, quando ci si occupa di arti sceniche con Carlo Cecchi, Pete Brook e tanti altri, e quando si parla di Caravaggio lo si fa esponendo e spiegando una sua opera. Nel caso di Vittorio Sgarbi, invece, quando si parla di storia dell’arte lo fa Vittorio Sgarbi, quando si parla di arte contemporanea lo fa Vittorio Sgarbi, quando si fa arte scenica Vittorio Sgarbi fa il regista, quando si fa spettacolo lo fa Vittorio Sgarbi, quando si parla di Caravaggio Vittorio Sgarbi fa uno spettacolo su Caravaggio. Senza nulla togliere alla competenza storico-artistica del suddetto, a noi non pare sia così necessario tutto questo Vittorio Sgarbi.

Siamo, d’altronde, sollevati dal fatto che l’altra grande iniziativa artistica dell’autunno (che si aggiunge a una proposta imponente del teatro di Ancona), Ecce Homo, presenta opere di artisti in gran parte viventi, e comunque difficilmente attribuili ad altri: dubito che qualcuno si metta a falsificare i Sette Savi di Melotti. Attendiamo quindi che, in quel caso, Sgarbi trovi altri appigli per parlare dei “passi indietro” di Ancona, colpevole, evidentemente, di non usufruire dei suoi servizi, e segnalo anche che tra questi passi indietro a breve la Mole ospiterà un incontro di grande valenza scientifica con alcuni tra gli psicoanalisti, i neuropsichiatri e i sociologi più apprezzati in Italia, casomai a Sgarbi interessi anche questo. Può sempre tornare utile.

Infine, non intendo attribuirmi competenze che non ho, ma da allievo di grandi storici dell’arte che tanto mi hanno insegnato, mi sento di ribadire il grande rispetto per la Fondazione Roberto Longhi, presieduta dalla maggiore esperta di Caravaggio al mondo e voluta dal più grande storico dell’arte del XX secolo, uno studioso di grande scienza e di innato talento, capace anche di una delle scritture in lingua italiana più brillanti del Novecento, maestro di Bassani e di Pasolini, oltre che di centinaia di persone serie che, quando hanno dubbi su un’attribuzione, producono testi scientifici e risultati di studi approfonditi, e non interviste sui giornali. Dispiace davvero che gli storici dell’arte finiscano nelle pagine di cronaca solo in questi casi, ed è questo, in realtà, che deve far riflettere un Paese che dice di voler valorizzare il proprio patrimonio.

p.s.: aggiungo in calce, per chi fosse interessato, un articolo di Larry Keith del 1998 (su rivista scientifica, ovviamente, e una delle più importanti del mondo), in cui il direttore del dipartimento di conservazione della National Gallery, che è anche l’esperto più riconosciuto al mondo nel settore analisi delle opere d’arte, mette in fila i due dipinti del Caravaggio, quello di Firenze e quello di Londra.