Il lavoro degli architetti e tecnici comunali al fianco dell’autorità portuale, e in particolare la creatività di uno di loro, Alessio, ha portato una ventata di freschezza e contemporaneità nel recupero del porto storico che si inaugura domenica 26.

Ieri sono andato a farmi un giro, erano circa le due del pomeriggio e sembravo un pazzo sotto il sole a picco. Con la mia scarsa capacità di fissare immagini senza usare le parole e uno smartphone ho fatto qualche foto.

Ho dapprima incrociato un operaio della Fincantieri che, davanti al testo che si distende in fronte all’Arco traianeo, chiedeva ai colleghi “ma che c*** è sta roba?“, e mi sono rallegrato della reazione, perché significa ri-costituzione di un rapporto con lo spazio che ci circonda. Conflittuale, distante, comprensivo, entusiasta: un rapporto vivo. Conosco molte persone che lavorano in quel cantiere, e serve a loro, tanto quanto alla città, il dialogo con lo spazio che lambiscono ogni giorno per andare a lavorare, stare in pausa, tornare a casa.

Sono andato avanti e non ho potuto non pensare a quando abbiamo girato un cortometraggio proprio qui, quando l’area – bella allora come ora – era più assente, in qualche modo disanimata. Ora, quel cortometraggio, che qui ambientava una scena di gran malinconia, dovrebbe cercarsi un altro spazio perché questi tatuaggi sull’asfalto, per quanto richiamino certi tratti industriali, sono segni vivi e pulsanti, rappresentano parole, e lasciano le persone meno sole. Protagonista del cortometraggio (il grande Fabrizio Ferracane) compreso.

Poi sono passato davanti ai bagni pubblici, che richiamano all’esterno i segni in terra, ho ammirato l’idea di ricostruire sull’asfalto l’ombra di quelle gru che sono state tolte e devo dire che mi sono immaginato altri tatuaggi, una fluidità e continuità di intervento capace di s-muovere tutta l’area. C’erano due ragazzi che lavorano all’autorità portuale che, sotto il sole che sarebbe impossibile senza il nostro entusiasmo, portavano a spasso un partner commerciale. C’erano tre operai che avevano finito di mangiare. C’erano i gatti che non si sono lasciati distrarre da certe operazioni degli umani. In fondo il palco pronto per domenica. I suoni del giorno di lavoro. L’odore salato del mare industriale.

La linea rossa che si vede nelle foto che ho scattato con il sudore negli occhi (ma foto decenti non mi sono mai venute nemmeno in condizioni migliori, lo ammetto) nasce all’ingresso dell’area portuale sul lato del nautico, tinge un marciapiede per intero e poi continua, continua e continua verso il porto, mescolandosi al lavoro della gente, ai rumori di quel lavoro, ai caschi di protezione, a qualche camion, a qualche binario, a qualche arco.

Magari la faremo continuare poi anche in senso inverso, riconquistando l’area di palazzo degli anziani, i resti archeologici, e unendo la città di fronte al mare.

Sono tornato affaticato e un po’ mollo di sudore. Ho preso l’ascensore che è la via più comoda, da lì, per raggiungere l’assessorato. Ho pensato che quello è proprio un gran lavoro, un’idea semplice e forte al tempo stesso, come certe opere d’arte. L’ho scritto a chi l’ha pensato, e ha sovrinteso alla realizzazione anche di notte, quando c’è più fresco, ma più sonno pure. Perché le cose, le fanno le persone. E questa cosa è un segno del presente, su una città che ha bisogno di futuro e se lo va a prendere, senza aspettarlo troppo.

Un grande complimento a tutti.

PaAssessore